Intanto, che cos’è un CoderDojo?
“I CoderDojo sono club gratuiti il cui obiettivo è l’insegnamento della programmazione informatica ai più piccoli. CoderDojo è un movimento aperto, libero e totalmente gratuito”.
Nel nostro piccolo abbiamo voluto una iniziativa di sensibilizzazione dei genitori di minori sull’utilizzo dei dispositivi multimediali e sull’accesso continuo alla rete internet e quindi ai social network. Accesso, dispobnibilità continua e fruizione, che oltre ad avere risvolti di “rischio” (si pensi al cyberbullismo solo per fare un esempio) contiene degli importanti elementi di “cambiamento” delle dinamiche sociali e di gruppo tra i ragazzi ma anche delle dinamiche di apprendimento. Aspetti che è necessario affrontare sia nelle famiglie sia nelle scuole e non tanto da un punto di vista “tecnico ed informatico” ma nel loro significato profondo, interrogandosi su cosa significa per un minore avere accesso a una mole informativa enorme e come riuscire a dargli degli strumenti “critici” per affrontare nel migliore dei modi la presenza su social, forum, chat ecc.
Penso che siano tematiche importanti, mi fa piacere dare il mio modesto contributo affinchè la rete diventi un “posto migliore” e una educazione ai media è un elemento fondamentale, specie per i così detti nativi digitali che si trovano a dover fare i conti con strumenti POTENTISSIMI che spesso sanno usare alla perfezione da un punto di vista “tecnico” ma ignorandone completamente i rischi e le dinamiche più profonde, finendo per diventare “asserviti” ad uno strumento (un tablet, uno smartphone) che dovrebbe invece essere considerato come tale.
Durante un incontro formativo dedicato all’utilizzo “critico” del web (si parlava, tra le altre cose, di come riconoscere le bufale in rete) mi è capitato di sentire una mamma di un figlio neanche adolescente che diceva candidamente “alla fine mio figlio il cellulare lo sa usare meglio di me“, in questa frase molto ingenua e magari corretta, ci sta, a mio giudizio, una parte importante del problema.
La mia opinione è che “educare ai media” NON significa insegnare “dove cliccare” o come utilizzare un software o un motore di ricerca o Android o un sistema operativo per Smartphone.
Si tratta PRINCIPALMENTE di aumentare la consapevolezza “critica” di cosa significa postare in rete, di cosa vuol dire disporre con estrema facilità (si pensi alla diffusione delle wi-fi pubbliche e degli smartphone) di accesso alla rete per i minori, si tratta di capire tutti insieme come utilizzare la rete e come capirne i “significati” (per esempio quando si legge una notizia o un post su Facebook), si tratta di conoscere i social media per capire, banalmente che se una foto viene postata in rete (anche se alcuni social network promettono l’anonimato) in realtà la diffusione del digitale non si ferma e può circolare tantissimo anche contro la volontà di chi ha fatto, ingenuamente, il primo post.
Si tratta anche (ma non solo) di avere accesso a strumenti di controllo (disponibili e semplici da usare).
Semplicemente educare ad usare con consapevolezza gli strumenti di accesso alla rete, di conoscerne i rischi che si possono nascondere dietro una chat o dietro un profilo Fake su facebook e troppo spesso l’istituzione famiglia e i genitori non sono formati dalla scuola su queste tematiche che invece dovrebbero essere al centro delle iniziative didattiche. Si tratta di usare la testa e di educare ad una lettura critica dell’esistente e quindi anche a saper leggere una “bufala” o una news postata su un social, a capire che “le parole sono importanti”!
Il sondaggio che abbiamo proposto ai genitori NON vuole avere finalità scientifiche, ma ci serve per porre l’attenzione di fronte a queste problematiche e contribuirà ad una pubblicazione (ebook scaricabile gratuitamente) sull’argomento, intanto lo segnalo, così per una semplice riflessione comune, ed infine ecco il post con il “sondaggio”: